OVVERO : e vivilo ‘sto attimo!
OVVERO 2: cosa ho imparato al concerto di Jovanotti
Il 16 maggio sono andata con la family e due amici all’Arena di Verona a vedere Jovanotti. Questi sono i momenti in cui ritorno 16enne e con la mia amica Daniela ci dirigiamo garrule ed accese al fan shop del nostro idolissimo per comprarci una maglietta-da-mettere-subito o un cappellino o una fascia o tutto.
Eravamo piazzatissimi belli pronti a goderci lo spettacolo, a sgolarci le corde vocali, scorticarci le mani e ballare ballare ballare.
Ci siamo divertiti un sacco e le emozioni ci sono rimaste incollate dentro e fuori per molti giorni.
Però, m’ha colpita una persona che avevo davanti (e non era l’unica e mi dicono che è una figura sempre più frequente).
Essere umano femmina: non posso fare un bilancio di tempo perchè ero molto più intenta a godermi il concerto che a guardare l’umana. Però ce l’avevo proprio davanti e ogni tanto l’occhio mi cascava sulle sue attività. Che possono essere riassunte in una sola: facebook. L’umana femmina non usava il telefono per fare foto o video del concerto da mandare agli amici lontani o postare sul suo profilo (che comunque: ma ce n’è bisogno? Io penso di no, penso che si trovi materiale migliore di quello che potrei produrre io direttamente nelle pagine dell’artista in questione. Come quelli che si ammassano davanti alla Gioconda, la fotografano guardandola attraverso lo schermo e poi scappano via. Vi svelo un segreto: nel bookshop ci sono le cartoline e sono molto più belle delle vostre foto con tutte le teste degli altri). Non lo usava nemmeno per accendere la luce durante le canzoni romantiche per creare l’atmosfera (io non faccio neanche questo, ma lo capisco, e ha un certo fascino vedere gli spalti illuminarsi e muoversi all’unisono). No, lei lo usava per fare quello che si fa di solito: leggere gli status di altri, guardare foto di altri, commentare video o post condivisi da altri.
E io mi son ricordata di quel vecchio volpone di Orazio che la sapeva lunga col suo CARPE DIEM.
E goditi ‘sto benedetto momento che domani non lo sai cosa succede.
Limpido e diretto (e un tantino semplificato, lo so).
Ecco, il cuorcontento mi fa rispolverare i “vecchi classici”, che forse non sono così triti, se è necessario ricordarseli.
Ma, per la miseria, com’è possibile? Da una parte, lamenti-lamenti-lamenti. Rabbia. Parole vomitate. Insoddisfazione. E poi, quando c’è l’occasione di vivere un’esperienza di gioia, ti spegni dentro le foto di altri? Dentro i pensieri di altri? Dentro i momenti immortalati da altri?
E le emozioni, quelle che potresti vivere davvero, si diluiscono e la vita diventa una versione omeopatica di se stessa.
Io in parte lo capisco. “L’altrui” è un rifugio. E’ un filtro che attutisce pensieri, problemi, una vita con troppi difetti. Anche a me capita di scapparci dentro. Soprattutto quando ho paura, la mia tendenza è fuggire, allontanarmi il più possibile, e il modo più facile e veloce per farlo, è estraniarmi. Ma non funziona mai e se non affronto quella cosa che mi spaventa, non cambia nulla.
Quello che proprio non capisco, è mettere un filtro anche alle cose belle. Non godersele e lasciare che passino così tra le dita, senza riuscire ad afferrarle fintanto che durano.
Orsù, da brava, prenditi 5 minuti e prova a chiederti se anche tu metti un filtro di qualche tipo tra te e la tua vita. Che sia uno schermo o un autosabotaggio.
Chè per essere un cuorcontento, la vita bisogna viverla a pieno.
Tra una settimana sarò in viaggio per Creta, quindi il blog si prende una pausa, ma ci sentiamo da là quando mi sarò piazzata!
Chicca dice
Devo darti ragione: il momento va vissuto. Però magari la tizia era lì solo per accompagnare qualcuno e non le piaceva il concerto….
Comunque io mi godrei anche il concerto di uno che non mi piace pur di avere un’amica/o con cui andarci: le mie sono tutte vecchie dentro, dal punto di vista musicale!! e andare a fare la “ggggiovane” con le mie figlie mi imbarazzerebbe troppo….