In tante mi avete chiesto com’è nata l’idea dei Gioielli di famiglia. In realtà, più che COME, dovrei raccontarvi PERCHE’.
A volte sembra che le idee nascano da sole, facili come il pane col burro: un attimo prima non c’erano e un attimo dopo sono lì, belle nitide e formate nella mente, che chiedono solo di essere realizzate. E tu sai già cosa fare. Altre volte sono ammantate di nebbia, scappano e tornano, sembrano sfuggenti, inafferrabili, acquose. Oppure non è vero che sono così, le idee sono sempre limpide e cristalline, ma sei tu che non ci vedi bene, che non sei pronta, che hai gli occhiali appannati come Novembre.
Ecco, quella dei Gioielli di famiglia è un’idea che appartiene alla seconda categoria, che parte da lontano (nel tempo) e tutta diversa (nella sostanza).
A gennaio mi sono messa in testa due cose:
1. volevo produrre una collezione che segnasse un salto di qualità nella mia vita artistica, e uso questo termine con fatica, perchè voi me lo dite in tante che sono un’artista, ma io ho la sindrome dell’impostore e penso sempre che gli artisti degni di questo nome sono Picasso e Monet, non la Tuli (se non sapete cos’è la sindrome dell’impostore, leggete questo articolo, dov’è spiegata benissimo, magari ne soffrite anche voi). Comunque, mi sono messa in testa che volevo produrre qualcosa di ancora più accurato, ancora più attento nei dettagli, di più complesso e completo, di più maturo;
2. volevo produrre una collezione che trasmettesse un’emozione, che avesse un significato, perchè di cose esteticamente belle ce ne sono, e lo so bene quanto siano difficili da raggiungere, ma volevo qualcosa che andasse oltre l’estetica.
Ho pensato che per realizzare questi due obiettivi, potesse essere interessante produrre delle miniature di donna ritratte in situazioni diverse ed in diversi stati d’animo: allegre mentre ballano, tristi mentre piangono, assorte mentre leggono…
Mi son messa di buona lena a disegnare bozzetti, ma li scartavo tutti. Come un giudice severo, mettevo un voto scarso a tutti e li cestinavo senza pietà.
Ne ho salvato solo uno: questa donnina morbida che balla col suo cuore contento e che mi dà un senso di libertà. Lei è diventata la Tessera 2018 del Tuliamiche Special Club (e poi ne ho fatto anche delle cartoline):
Però, per un pezzo, è rimasta solo sulla carta. Avevo poco tempo per lavorare a questo progetto e adesso so che, inconsciamente, avevo anche poca convinzione.
Poi a fine giugno/inizio luglio, ero a Creta e avevo più tempo, mi son detta “Cià, Tuli, prova a farla 3d ‘sta donnina e vediamo cosa ne esce”. Così ho tagliato dal legno la prima statuina di donna, l’ho dipinta in velocità e senza troppa cura. Avevo fretta di intuire come sarebbe venuta fuori dalla carta. Le avevo messo i jeans e una maglietta verde. Era carina! Ma boh, le mancava qualcosa. Ne ho tagliata un’altra. Ho scelto un legno più spesso di quello che uso di solito: 8 millimetri, per darle più tridimensionalità a proporzione. L’ho levigata più che potevo (chè sono pignola e non mi piace che il legno resti ruvido), e poi ho dipinto la stessa donnina, ma nuda.
Ora era bella! Ora era se stessa.
Nel frattempo, da Creta, leggevo la cronaca italiana. Mi arrabbiavo e mi angosciavo. Mi pareva che si parlasse solo di odio, di esclusione, di fazioni che si fanno la guerra per qualunque cosa. Per non parlare poi di quello che leggevo sui social: cattiveria, frustrazione, accuse, riversate gli uni addosso agli altri.
Ero in fortissimo disagio. E come sempre, quando sono a disagio, approfondisco, perchè ho bisogno di capire. Tra i miei vari approfondimenti, sono capitata su VOX e sulle sue mappe dell’intolleranza. Sono studi che analizzano come si muove l’odio online. Indovinate un po’? I bersagli principali dell’odio online, ancora oggi nel 2018, sono le donne. Cioè siete voi. Cioè sono io.
E quindi, io, cosa posso fare? Io non sono nessuno, non ho strumenti nè competenze per parlare di questi argomenti, però ho la mia pittura. E con essa posso lanciare un messaggio che, senza troppi predicamenti e parole sbrodolose, si capisca immediatamente: un messaggio d’amore.
Quello fatto di calzini bucati, dei segni imperfetti sul corpo, di capelli che cadono, di tenerezza. Quello che, se tu pensi di essere orrenda, lui ti trova bellissima. Quello che non m’importa nulla del colore, del sesso e dell’età, ti amo e basta. Quello ironico ed autoironico, intelligente e che conserva uno spirito giocoso.
Così, accanto a quella donnina nuda, ci ho messo un omino. Con le gambe secche e le spalle strette.
Quell’idea avvolta nella nebbia, è diventata limpida. Il disegno della camera ed il packaging con cuscini e lenzuolo, quelli sì sono venuti da soli, facili e veloci come il pane col burro.
Su questo progetto, ho espresso molti desideri, e per realizzarli, dovrete aiutarmi voi, chè io alla mappa dell’intolleranza vorrei sostituire una personalissima mappa di innamorati. Uno di quei desideri, è già stato esaudito:
P.S. Il nome, Gioielli di famiglia, invece, non è arrivato subito, tanto che ho temuto che avrei dovuto lanciarli senza battezzarli. Ma invece, era così logico!
Questa è una storia d’amore bellissima, che vince sulla mappa dell’intolleranza. E va condivisa ♡ grazie Tuli
Grazie a te Nadia!
Anna se non ci fossi, bisognerebbe inventarti! E ho detto tutto!
ahahaha grazie Giorgia!