Siccome in rete è pieno di articoli, consigli e video su come avere e su come approfittare del cambio di stagione per avere un armadio un po’ più sostenibile, io non ti faccio l’ennesimo HOW-TO, ma ti racconto qual è stato il mio percorso verso un armadio sempre più sostenibile e come questo mi ha portato a non dover fare più il cambio stagione.
Per arrivare a questo, mi ci sono voluti alcuni anni ed è avvenuto lentamente e gradualmente. C’è chi ha bisogno di un approccio più drastico e veloce e credo che non ci sia un modo giusto in assoluto, ma quello più giusto per ciascuno.
L’inizio: imparando a raccontarsi
Dunque, tutto è iniziato credo ormai 5 anni fa quando ho seguito un corso su come trovare il proprio stile con Anna Turcato. Io mi ero iscritta perché pensavo che mi sarebbe stato utile per l’ideazione delle mie collezioni di gioielli, ma mi sono portata a casa molti stimoli e riflessioni da applicare fin da subito nella mia vita di tutti i giorni. Ho imparato che ci sono colori e modelli che mi stanno meglio di altri, ma soprattutto ho capito che i vestiti che scelgo di indossare sono un modo per raccontare chi sono, cosa faccio, per riflettere la mia personalità. Forse per tante persone questo è un concetto ovvio, non lo so, ma per me è stato un punto di svolta per iniziare a diventare più consapevole. Da quel momento in poi, ho iniziato a selezionare i vestiti che indosso non soltanto perché mi piacciono, ma soprattutto se:
- mi stanno bene;
- mi fanno sentire bene, comoda e a mio agio;
- sono in linea con la mia personalità e i miei valori.
All’inizio con un po’ di titubanza, ma un po’ alla volta con sempre maggior sicurezza e convinzione, ad ogni cambio dell’armadio facevo decluttering, liberando cassetti ed attaccapanni da ciò che non corrispondeva ai criteri sopra elencati.
L’approccio alla fashion revolution
E mentre, un po’ alla volta, facevo questo, sentivo sempre più parlare di fashion revolution. Ho visto The true cost, ho letto, ho studiato: ho capito quanto impatto ha l’industria della moda a livello ambientale, sociale ed etico. E quanto le mie scelte in questo frangente influenzassero il mio stile di vita. Certo, sono una persona qualunque, ma noi persone qualunque, ad ogni nostro acquisto, scegliamo a chi dare i nostri soldi. E tanti Qualunque messi insieme, fanno un sacco di roba.
Perciò, a quei tre criteri scritti sopra, col tempo se ne sono aggiunti altri, che mi guidano come fari nella notte quando devo fare un acquisto:
- chi lo fa questo vestito, come, dove?
- Ne HO BISOGNO? (valgono anche i bisogni emotivi, certo, ma poi ti dico qualcosa anche su questo)
- lo userò spesso e mi piacerà ancora, tra qualche anno?
- questo capo è prodotto nel rispetto dell’ambiente, di chi lavora e, IMPORTANTISSIMO, di me che lo sto comprando?
Può sembrare una lunga sfilza di domande, lo so, ma è avvenuto tutto in maniera così graduale, che per me sono naturali e spontanee. Così, se prima un acquisto impulsivo/compulsivo era un modo per rilassarmi, divertirmi, passare il tempo, ora non mi soddisfa più e quei bisogni emotivi che ho nominato sopra, li appago più spesso in libreria o con una passeggiata nella natura o con una cara, bella, vecchia partita di chiacchiere.
Se mi serve qualcosa da vestire, la cerco in piccoli brand made in Italy o in marchi che producono responsabilmente, oppure provo a fare da me, con parecchie imperfezioni,ma tanta soddisfazione.
Di vantaggi, a mio avviso, questo approccio ne ha tantissimi:
- spendo meno;
- il mio armadio diventa sempre più sostenibile e rispettoso dell’ambiente e dei fashion workers;
- non mi chiedo più “Uh mamma, e adesso cosa mi metto?” perché qualunque cosa io abbia lì dentro, mi rispecchia, è comoda e mi fa sentire a mio agio con me stessa e con gli altri;
- e poi, siccome ho molti meno vestiti, il mio armadio largo 90 cm mi basta per tutto l’anno e il cambio di stagione non lo faccio più!
Un giochino di consapevolezza
Un annetto fa ho letto questo post di Morgatta che parlava di Closet Mass index. Si tratta di contare i capi che abbiamo nell’armadio suddividendoli in:
- capi nuovi, meno di un anno (7)
- abiti usati, vintage, second hand (3)
- abiti di moda sostenibile e slow fashion (qui ho compreso quelli fatti da me) (48)
- abiti MAI indossati (1)
- numero totale di capi (99)
Contare quanti vestiti abbiamo,e di che tipo, può essere un piccolo trauma, ma è un modo super efficace, secondo me, per prendere consapevolezza dei nostri acquisti passati e per regolarci per quelli futuri.
Tra le parentesi, ci sono i miei conteggi, da cui ho escluso l’abbigliamento intimo e quello sportivo, le scarpe e le borse, perchè sono articoli verso cui non ho mai avuto un debole, ne ho pochi e non sono numeri che ritengo influenti per me, ma ognuno deve fare le sue personali valutazioni!
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