Quando la parola dell’anno 2019, zero waste, ha fatto capolino per la prima volta nella mia mente, in realtà era agosto 2018. Ho subito capito che, da quel momento in poi, avrebbe fatto parte di me. Stavo leggendo SBAM! di Jovanotti e in particolare un racconto in esso contenuto scritto dal velista Soldini, testimone con occhi e con mano del problema del plastica nel mare. Ero a Creta e l’ultima impressione che avevo era quella di fare il bagno in un mare zeppo di plastica. Eppure, anche il blu Mediterraneo lo è.
Quel racconto per me è stato davvero uno “SBAM!”, uno schiaffo in faccia: è stato vedere per la prima volta qualcosa che era sotto i miei occhi, sotto gli occhi di tutti, da tanto tempo. Ancora non me la so spiegare, la cecità di prima. Ora vedevo e quello che vedevo, non mi piaceva.
Il cambio di paradigma è stato immediato. La prima cosa che pensi, quando ti accorgi che il problema dei rifiuti è grave, mica solo nel mare,ma tutto intorno, è che vuoi sapere di più, vuoi capire di più. Sotto sotto, quella vocina che ti rendeva cieco, vorrebbe che non fosse vero. E invece, più studi, più capisci che è vero davvero.
La seconda cosa che pensi, quando te ne accorgi, è: ok, io cosa posso fare? Risposta facile e immediata: fare bene benissimo la raccolta differenziata.
La terza cosa che pensi è che, per quanto fondamentale sia la raccolta differenziata, i rifiuti sono sempre troppi. E che, prima ancora di differenziarli, è buona cosa ridurli. Meno rifiuti: less waste.
Ma quanto meno è abbastanza meno? Meno di tutti, è zero. Obiettivo che è più un’utopia e che, infatti, non abbiamo raggiunto, ma non importa, perché, più ambizioso è l’obiettivo, più lunghi e convinti sono i passi verso di esso. E, per la cronaca, abbiamo ridotto di 2/3 i nostri rifiuti di plastica ed indifferenziato. Diminuiti anche carta e vetro (Tulimarito dice, a spanne, del 20% circa). Umido invariato.
La quarta cosa che pensi è: cavolo, se tutti vedessero, se tutti facessero… in un misto di fiducia nell’umanità e scoramento. Però, anche se non puoi coinvolgere tutti, certamente puoi farlo con chi hai accanto.
E quindi niente, è iniziata l’avventura. A 360 gradi.
Attorno a me: passando in rassegna le stanze di casa e le abitudini domestiche e cambiandole ove possibile.
In cucina: pianificando i pasti e la spesa per non avere spreco alimentare; comprando sfuso, locale e di stagione, per ridurre il più possibile gli imballaggi e il trasporto. Usando i beeswax wraps per avvolgere i cibi, ed usando coperchi, piatti e copribowl in stoffa per coprire ciotole e ciotoline, anziché pellicola e alluminio. L’acqua del rubinetto, l’abbiamo sempre bevuta, ma ci siamo presi delle borracce per portarcela anche fuori. E poi tovaglioli di stoffa, ovviamente!
Nell’igiene domestica: passando ai detersivi ricaricabili. Non ho faticato per trovare tutto ciò che mi serve, ma sfuso: detersivo per il bucato, per i piatti, per i pavimenti, detergente per le superfici. Mio marito ha provato anche qualche ricetta fai-da-te, ma con scarsi risultati. Ho ancora qualche vecchio detersivo, di quelli che igienizzano al 99% e ogni tanto li uso per il bucato più sporco o per i pavimenti. Noi non vediamo differenza di efficacia tra i vecchi e i nuovi detersivi, tranne che per quello della lavastoviglie: era meglio quello di prima, perciò, dopo aver cercato di cambiarlo, siamo tornati sui nostri passi.
In bagno: passando a shampoo, balsamo e bagnoschiuma solidi, usando i dischetti struccanti di stoffa, gli assorbenti lavabili, gli oricolì al posto dei cotton fioc usa e getta, la carta igienica senza tubo. Mentre i cambiamenti in cucina sono stati facili, quelli per l’igiene personale sono stati più complicati. Non tutti i prodotti zero waste che abbiamo provato, ci sono piaciuti. Dopo qualche esperimento con la versione solida senza imballaggio, siamo tornati al dentifricio in tubetto, al deodorante confezionato, alle creme in barattolino. Io non sono un’appassionata di beauty care: quando finisco la crema idratante, ne compro una nuova. Ho un siero antirughe. E non sono affascinata dal mondo dei trucchi, ma nell’ultimo anno e mezzo ho finito il mascara e il fondotinta. Quando ho finito il mascara, non mi ero ancora abbastanza informata e ne ho preso un altro uguale. Il fondotinta invece l’ho finito a gennaio e l’ho sostituito con uno ricaricabile.
Nell’armadio: ha fatto capolino il cassetto dei fazzoletti di stoffa. Ma, soprattutto, si è affermato prepotentemente un modo diverso di comprare capi di abbigliamento, un modo che già abbracciavo da qualche anno, ma che ora è diventato quasi esclusivo. E com’è, questo modo? Compro quando ne ho bisogno (quindi poco, perché ho già tutto di tutto), il più possibile fatto a mano in Italia, con fibre naturali o riciclate. Mi piace soprattutto comprare dalle artigiane mie colleghe, perché so che il loro lavoro lo fanno per scelta, che nessuno le sfrutta, che selezionano i materiali secondo determinati valori (non tutte eh! Ma di buono c’è che è facile contattarle, farsi raccontare e capire se il loro modo di lavorare è in linea col tuo modo di comprare). Mi regalo talvolta qualche capriccio e, siccome succede di rado, quel capriccio, me lo godo tantissimo!
Nel lavoro: era già molto green, ma ho fatto di più: riciclando gli imballaggi, quando possibile. Scegliendo la carta riciclata per le scatoline in cui impacchetto i miei gioielli. Concentrando le spedizioni in un unico giorno a settimana, per ridurre i viaggi che il corriere fa da me. Ora mi sto informando per compensare, almeno in parte, la CO2 prodotta lavorando. Lo si fa, per esempio, piantando alberi o sostenendo quelli adulti e lo voglio fare dalle mie parti, ci sono vari progetti per il dopo-Vaia e di tutela dei boschi: ne sto vagliando diversi.
Con gli altri: appena trovo un cuore pronto ad ascoltare, racconto un po’ di questo percorso. Ho iniziato subito coinvolgendo la famiglia, poi qualche amica, e voi. Trovate vari articoli in questo blog dedicati allo zero waste e, su instagram, durante tutto il 2019, ho tenuto la rubrica del Verdedì. Mi son ritrovata in buona e grande compagnia.
Dentro di me: continuando a leggere e studiare e documentarmi.
Forse dovrei dedicare un articolo apposta alle letture che ho fatto. Ma qui vi racconto una cosa curiosa: l’anno zero waste si è chiuso con un libro dal titolo tanto simile a quello del libro che lo aveva aperto: SPAM (Stop Plastica a mare, di Filippo Solibello) e me ne sono accorta solo ora che ve lo sto scrivendo. Spam racconta un sacco di cose sulla plastica e molte sono positive, perché non siamo davanti ad un demonio da far tornare all’inferno, ma ad uno strumento, che, di per sé, è utile, ma che abbiamo sfruttato troppo e male, che abbiamo fatto diventare un problema, ma che possiamo risolvere e tornare a mettere nella giusta prospettiva.
L’anno zero waste, per me, è stato solo l’inizio di un cambiamento che non tornerà più indietro e che si è allargato ad altri temi, come l’impronta ambientale e la crisi climatica. E’ stato un anno in cui ho sentito per la prima volta parlare di ecoansia (e credo di averla provata in un paio di occasioni), ma anche un anno in cui mi sono sentita parte di un movimento e di un grande gruppo con gli stessi ideali (e mai l’avrei pensato, nell’agosto del 2018, che sarebbe stato così grande grazie ai Fridays for future). E’ stato un anno di condivisioni, di comportamenti messi in discussione, di ricerca e di energia. Un anno in cui, se ti guardi indietro, ti compiaci perché hai fatto un sacco di cose (e ti piacciono anche quelle imperfette e quelle sbagliate, perché un percorso non è mai tutto dritto e senza cadute), e, se ti guardi avanti, ti senti carica perché ne puoi realizzare ancora altre.
E il vostro, com’è andato?
Devo dire che grazie a te ho scoperto alcune cose di cui ignoravo l’esistenza e anch’io posso dire di aver iniziato il mio percorso lo scorso anno (prima ero una convinta riciclatrice, con una buona raccolta differenziata, ma ho scoperto che non basta). Per me è stato facilissimo bagno e igiene personale: ora uso per il 90% prodotti solidi e i liquidi che vuole mio marito li acquisto da Negozio leggero che ha il vetro a rendere. non troppo complicato la pulizia della casa, ma sto ancora sperimentando. Molto più difficile il cibo, perchè da me sfuso trovo poco, però ci sto lavorando. Per l’abbigliamento sicuramente acquisto più di quello che è strettamente necessario, ma io uso, riuso, riciclo….Per casa ho magliette smesse delle mie figlie o cose mie vecchissime e fuori moda (ho una t-shirt comprata nel 1984, giuro, che ancora metto!!), le scarpe mi durano tantissimo…insomma, non mi sento in colpa anche se mi concedo qualcosa. Però sto davvero pensando ogni volta se vale la pena comprare o no, in tutti i campi, molto più di prima. E alla fine risparmio anche!!
Che meraviglia Chicca!