Vi ricordate l’estate scorsa, quando c’è stata la polemica sulle cosce da shorts? E, poco dopo, quella tristissima uscita giornalistica sul “trio delle cicciottelle”, le nostre arciere azzurre? Quest’estate invece inizia col polverone Vanessa Incontrada: bellissima e splendente, ma secondo alcuni (decerebrati) troppo formosa. Mi chiedo: ma è possibile che non cambi mai nulla?
E mi rispondo: “No, lentissimamente, ma secondo me qualcosa sta cambiando”. L’altro giorno, per esempio, ho visto un documentario su Netflix che si chiama Embrace e che vi consiglio (ci sono i sottotitoli). Parla di amore verso se stessi, di liberarsi da ideali di “bellezza” che ti fanno sentire sempre inadeguata. Parla di donne combattive che lavorano per raccontare come la diversità testimoni la meraviglia, e di come il corpo, coi suoi “difetti”, sia prezioso perché ti fa muovere, lavorare, abbracciare, baciare, pensare, scrivere, dipingere, dare la vita. Invece basta il commento di un microcefalo qualunque per mortificarci e decidere se “andiamo bene” oppure no. E’ un argomento declinato molto al femminile perché il body shaming riguarda spesso le donne (ma non unicamente, sia chiaro, riguarda tutti).
Poi ieri sera mio figlio non riusciva a dormire e abbiamo fatto un gioco. Abbiamo guardato i segni sul nostro corpo. La cicatrice che ha sul ginocchio e che si è fatto cadendo a Creta; la sporgenza tonda e chiara che gli è rimasta sul torace dopo la varicella. L’ustione che ho sul braccio: quanto male a dieci anni, in campeggio, quando mi è caduta una lampada bollente proprio lì! La cicatrice che ho sulla guancia e che mi son fatta da bambina, ferendomi con il vetro di una cornice, nel negozio di mio papà.
Abbiamo deciso che questi segni sono bellissimi perché raccontano la nostra storia. Abbiamo scoperto che a volte le storie continuano da un corpo ad un altro. La vena varicosa che ho sulla gamba destra e che è venuta fuori mentre lo aspettavo, inizia dalla mia coscia e finisce nel suo ombelico. Lo stampo dell’abbronzatura sul mio anulare sinistro, quello della fede, è uguale allo stampo sull’anulare sinistro di suo papà.
Mi sento responsabile. Voglio crescere figli che sappiano che l’alimentazione e lo stile di vita sono importantissimi per la salute, la vitalità e l’energia, ma che non dipendono dalla taglia.
Voglio crescere uomini che vedano la bellezza davvero dove sta, e non condizionata da standard meschini, anche quando non è facile capire dove finisce il condizionamento ed inizia la verità.
Voglio crescere persone che pensino con la propria testa, perché nel libero pensiero potranno essere davvero se stessi e vivere autenticamente.
Mi sento responsabile. Sono responsabile. Siamo tutti responsabili, anche quando non ci sembra.
donatella montemurno dice
Un post bellissimo e molto lucido, logico. Il nostro corpo, nelle sue (im)perfezioni ci racconta. Purtroppo, non siamo abituati a vederlo così.
Da storica, mi verrebbe da paragonare il nostro corpo ad una fonte d’archivio di cui, ovviamente, riteniamo molto importante il contenuto, ma che analizziamo anche nel suo aspetto esteriore, perché anche quello ci racconta qualcosa. Uno storico non giudicherebbe mai una fonte solo dall’aspetto esteriore e, soprattutto, saprebbe che anche le imperfezioni esteriori fanno parte della vita del documento e non vanno demonizzate.
Grazie per questo post.
Donatella
Anna dice
Donatella grazie per questo commento e per questo paragone con il lavoro dello storico, che capisco benissimo e che mi è piaciuto tanto perchè mi hai ricordato l’università, dove ho studiato storia del libro, codicologia, paleografia… Per descrivere un libro si parte proprio dall’analisi esterna, che già da sola racconta moltissimo ed è fondamentale. E mi hai ricordato una cosa che dicevo sempre, all’epoca, quando parlavo dei miei studi: “I manoscritti sono come le persone, non ce n’è uno uguale all’altro”. Perciò, grazie a te per questa riflessione!
elisabettafvg dice
I miei capillari sulle cosce sono “le strade-albero” che ci portano (portavano visto che ormai i miei Beta-figli non sono più piccini picciò) nelle città più strane.
Grazie per il ricordo.Non è bello, è sensibile il tuo articolo.Dà un senso,un valore ad ogni segno:è vita!
Ancora un #buontutto al lupetto!
Anna dice
Però se ne ricordano anche loro, sebbene siano cresciuti! Grazie Elisabetta, un abbraccio!!! (Il Lupetto è al campo scout in questi giorni… beato lui!)